L'Alfiere rappresenta un soldato dell'esercito sardo teso a impugnare e a difendere la bandiera nazionale. Poco dopo inaugurato il monumento, dall'evidente significato patriottico e avvertito dagli Austriaci come una provocazione, le armate piemontesi attraversano il Ticino per liberare la Lombardia dall'Austria nella Seconda Guerra di Indipendenza (aprile 1859). Vela affida qui il messaggio allegorico a un'interpretazione sobria e realistica del tema, senza rinunciare all'afflato romantico.
Del monumento esiste un bozzetto.
Marmo, 1859, Torino, Piazza Castello
Senza dubbio è la statua più famosa del Vela, trasposta in marmo per conto del duca Antonio Litta e salutata al suo apparire quale simbolo della lotta di liberazione dei patrioti milanesi e lombardi sottomessi al giogo austriaco.
Dal punto di vista più strettamente plastico-formale, fu la risposta del giovane scultore a quegli ambienti accademici che dopo le sue prime prove lo reputavano incapace di affrontare il tema del "nudo". La figura, più grande del naturale, rappresenta lo schiavo Spartaco di cui parlano le fonti della storia antica, protagonista della rivolta servile scoppiata a Roma nel I secolo a.C. Il messaggio universale insito nell'opera, esaltato dalla potente plasticità del nudo, non tardò ad imporsi storicamente negli anni "caldi" attorno al 1848, ed ancora oggi lo Spartaco di Vela ha il suo posto fra le icone rivoluzionarie dell'arte del XIX secolo.
Marmo, 1850, Lugano, Municipio.
Alla statua dell'Alfiere si accompagna il rilievo con il Re di Sardegna a cavallo seguito dal generale Alfonso La Marmora, mentre conducono alla guerra l'esercito piemontese, rappresentato da una schiera di fanti in audace scorcio prospettico. A questa parte dell'opera drammaticamente contrastata e dinamica si contrappone, a comprovare la versatilità dell'autore nel modellare i rilievi, la zona opposta ov'è una rappresentazione morbidamente pittorica, quasi impressionistica, del paesaggio coi bersaglieri.
Bronzo, 1859, Torino, Piazza Castello; bronzo, copia, Torino, Museo Nazionale del Risorgimento
Finanziato con una sottoscrizione pubblica presieduta da Alessandro Manzoni, il monumento riscuote sin dalla sua inaugurazione un generale consenso. Il ritratto a tutta figura del poeta lombardo (1790-1853) coglie la personalità più vera del Grossi nel rifiuto di ogni enfasi celebrativa e nel ricorso a un'attitudine disinvolta e colloquiale, inedita per quei tempi e specchio di un diverso approccio della scultura al tema monumentale.
Marmo, 1858, Milano, cortile del Palazzo di Brera